Teatro

Salisburgo, Don Giovanni negli anni '30

Salisburgo, Don Giovanni negli anni '30

La trilogia intera va in scena per il Festival 2016: il Don Giovanni di Sven-Eric Bechtolf è ambientato in un hotel negli anni Trenta e riscuote il successo del pubblico anche per merito di orchestra e voci strepitosi.

Salzburg, Haus fur Mozart, “Don Giovanni” di Wolfgang Amadeus Mozart

DON GIOVANNI IN HOTEL

L'edizione 2016 del Festival presenta in cartellone l'intera trilogia Mozart – Da Ponte con la regia di Sven-Eric Bechtolf dopo che negli anni scorsi erano stati presentati i nuovi allestimenti delle singole opere (vedi le recensioni presenti nel sito).

Don Giovanni è ambientato in un hotel negli anni Trenta del Novecento e la scelta dà ancora più credibilità a libretto e plot: i continui cambi di scena spesso li rendono macchinosi o forzati, ma non in questo caso dove tutto scorre con grande naturalezza. Il regista sottolinea il contrasto fra il bisogno di libertà del protagonista e il regime politico dell'epoca che si riflette anche dentro l'albergo con le ronde di polizia e i gerarchi in divisa. Gli spunti divertenti sono colti e amplificati e rendono ancora più marcato il contrasto con i momenti lirici o drammatici.
La scena di Rolf Glittenberg è giocata su due piani, la hall dell'hotel e un ballatoio su cui si aprono le camere, raccordati da due rampe di scale in diagonale, fatto che moltiplica i piani di azione dei personaggi vivacizzando i movimenti e le prospettive. I costumi di Marianne Glittenberg, con la collaborazione di Elke Thomann, confermano l'epoca dell'ambientazione con grande sobrietà e buon gusto: una eleganza misurata e discreta declinata anche nei particolari che soprattutto accompagna le scelte registiche e dà loro concretezza visiva. Le luci di Friedrich Rom sono praticamente perfette nell'illuminare in modo naturalistico la scena. La drammaturgia di Ronny Dietrich rende credibile ogni pagina del libretto, anche dove c'è una leggera distanza tra parte cantata e parte visiva in quanto l'ambientazione, giova ripeterlo, è credibilissima e giusta.

Alain Altinoglu propone una tinta drammatica e al tempo stesso leggera, perfettamente in linea con le scelte registiche che vogliono una rappresentazione di profonda impressione emotiva ma contemporaneamente anche con un respiro di evanescenza. I tempi sono equilibrati e, quando si allargano come in Dalla tua pace, ciò accade per consentire al canto di dispiegarsi al meglio. In particolare si è apprezzato il suono degli archi, il loro continuo “parlare” per sostenere il canto e per dare alla narrazione un continuo e incessante incalzare: straordinaria è la performance dei Wiener per la pulizia del suono e i colori orchestrali.

Nel ruolo del titolo torna Ildebrando D'Arcangelo la cui immedesimazione attoriale nel ruolo pensato da Bechtolf è impressionante; la voce non mostra alcuna fatica e il colore è sempre bello e il “gioco di sponda” con il Leporello di Luca Pisaroni è perfetto; D'Arcangelo è energico ma non debordante e il suo Don Giovanni esprime una sensualità che non è mai ferinica ma invece è completamente e compiutamente umana. Luca Pisaroni ha bella voce e timbro che bene si accompagna a quello del protagonista con le dovute differenze; il basso ha fisique du role e riesce a esprimere ogni sfumatura del personaggio, non certo relegato a mero ruolo servile ma anzi emancipato quasi a motore dell'azione, meritando appieno l'apprezzamento del pubblico. Paolo Fanale trova in Don Ottavio uno dei suoi ruoli più frequentati e congeniali, non solo per avvenenza: la voce è squillante e non fatica negli acuti, le venature scure e vellutate contribuiscono alla riuscita delle pagine liriche per cui le sue due arie, cantate da seduto e dunque impostate solo sulla vocalità, meritano i prolungati applausi ottenuti; in particolare si è apprezzata Dalla tua pace dove il timbro, all'inizio dolce e affettuoso, via via si ieraticizza come a sublimare un amore che, da solo, giustifica una vita, in una riuscitissima metafora musicale di grande presa emotiva. Adeguato il Masetto di Iurii Samoilov che sostituisce l'esperto Alessio Arduini. Sul versante femminile la scelta della direzione artistica cade su tre soprani. Carmela Remigio è Donna Anna; il soprano ormai alterna con grande versatilità i ruoli di Anna ed Elvira (qui bene interpretata da Layla Claire, la cui fragilità nevrotica bene si accompagna alla morbidezza della Remigio) e ciò contribuisce a dare peso drammatico alla voce che affronta la partitura in modo eccellente per tenuta di fiati ed estensione. La giovane star Valentina Nafornita è Zerlina, insieme a Masetto dipendenti dell'hotel: il fisico da modella e la voce cristallina, accompagnata a una dizione curatissima, le attirano gli sguardi e l'ammirazione del pubblico che la aspetta all'uscita dei camerini per selfie e autografi. A completare il cast il Commendatore di Alain Coulombe, un poco al di sotto delle aspettative, e il Philharmonia Chor Wien preparato da Walter Zeh. Da segnalare, per l'ottima riuscita della rappresentazione, le comparse che danno movimento e credibilità all'azione scenica.

Teatro praticamente esaurito per l'ultima recita in cartellone con pubblico in visibilio: numerosi applausi a scena aperta e, nel finale, almeno dieci minuti di calorosissimi applausi.

Visto a Salzburg, Haus fur Mozart, il 21 agosto 2016